Mostra Orfeo e le Sirene al MArTA di Taranto

MOSTRE ED EVENTI

23 luglio 2021 - 9 gennaio 2022 IN CORSO

Il gruppo scultoreo di “Orfeo e le Sirene” consiste in tre statue in terracotta a grandezza quasi naturale. In origine caratterizzato da una vivace policromia e in parte restaurato in epoca moderna, rappresenta l’episodio mitico tratto dalla saga degli Argonauti. Le due Sirene intonano il loro canto mortale, mentre, di fronte a loro, il cantore Orfeo, dischiudendo le labbra in un canto melodioso salva i marinai dal pericolo. Seduto su un trono su cui restano tracce dell’originaria decorazione a colori, regge nella mano destra il frammento di un plettro, nell’altra forse uno strumento a corde, oggi perduto.

È verosimile che un’opera di tale grandezza e accuratezza, realizzata a Taranto alla fine del IV secolo a.C., adornasse un ricco sepolcro della città, dove sono note tombe monumentali decorate con elementi in terracotta.
Si tratta di un’opera di inestimabile valore frutto di uno scavo clandestino in un’area archeologica della zona negli Anni Settanta e successivamente esportata illecitamente negli Stati Uniti d’America.

Orfeo e le Sirene – arrivo a Taranto

IL MITO E LE STATUE

Racconta Apollonio Rodio, nelle Argonautiche, che, di ritorno dalla missione del Vello d’Oro, gli Argonauti giungono presso l’isola delle Sirene, che incantano e uccidono chiunque approdi. Qui gli eroi sono tratti in salvo grazie all’intervento del cantore tracio Orfeo, che, tendendo la cetra e intonando un canto vivace, riempie le orecchie dei marinai, salvandoli dalla voce delle fanciulle. Secondo alcuni, le Sirene, attonite per la sconfitta, si gettano dagli scogli.
Le due Sirene, raffigurate come uccelli rapaci con corpo di donna secondo l’iconografia più antica, ritte sulle lunghe zampe con gli artigli ancorati allo scoglio, indossano una corta veste stretta in vita terminante con una coda a ventaglio. Una Sirena canta, alzando le braccia verso l’alto, l’altra, con i riccioli quasi completamente conservati, si tocca il mento flettendo l’altro braccio in una postura spesso usata per esprimere dolore.
Di fronte a loro, Orfeo, seduto su un trono su cui restano tracce dell’originaria decorazione policroma, poggia i piedi su uno sgabello. Indossa solo il mantello, avvolto intorno alle gambe e sulla spalla sinistra a lasciare scoperto il petto. La capigliatura, probabilmente lavorata a parte, è perduta. Dischiude appena le labbra, forse nel canto, nella mano destra impugna il frammento di un plettro, nell’altra doveva reggere uno strumento a corde, oggi perduto.
Il mito è raro e peculiare e può dire qualcosa del defunto che lo scelse. La figura di Orfeo, infatti, nel IV secolo a.C. è simbolo del trionfo dell’armonia sul disordine, un concetto basilare del pensiero politico e filosofico pitagorico, particolarmente diffuso in Magna Grecia, perseguito dal filosofo Aristosseno di Taranto e amato da Archita, che governa Taranto nella seconda metà del IV secolo a.C. Si potrebbe quindi immaginare che il sepolcro adornato con le statue di Orfeo e le Sirene appartenesse ad un iniziato alla religione orfico-pitagorica.

LA STORIA INVESTIGATIVA
Operazione “ORPHEUS”

L’Operazione Orpheus appartiene alla serie di attività messe in campo per contrastare il traffico illecito di beni archeologici di provenienza italiana in ambito internazionale, condotte dalla Sezione Archeologia del Reparto Operativo Tutela Patrimonio Culturale.
Lo spunto si ebbe alcuni anni fa, quando i militari scoprirono che un noto indiziato per reati contro il patrimonio culturale, avvalendosi di un’organizzazione con propaggini internazionali, aveva messo in atto una serie di traffici di reperti archeologici, provento di scavo clandestino nella provincia di Taranto.
Nel corso delle attività investigative venne così appurato che il noto trafficante aveva avuto un ruolo nelle vicende relative allo scavo clandestino e nell’esportazione illecita, avvenuta negli anni ‘70, del gruppo scultoreo denominato Orfeo e le Sirene.
In effetti, dalla documentazione individuata e dagli accertamenti svolti, è stato assodato che i preziosi reperti furono scavati e rinvenuti in frammenti nel territorio tarantino da alcuni tombaroli, dai quali passarono ad un noto ricettatore locale, con contatti con la criminalità organizzata, che, a sua volta, li aveva ceduti ad un altro ricettatore con contatti internazionali e titolare di una galleria d’arte in Svizzera.
Le sculture, ridotte in frammenti, vennero affidate ad un altro soggetto specializzato nel trasferire beni culturali all’estero, che effettuò il trasporto in Svizzera, dove vennero affidate ad un restauratore che le ricompose nella forma originaria.
Le statue dopo un periodo di giacenza in Svizzera in attesa di un compratore, furono acquistate dal The Paul Getty Museum di Malibù (Los Angels – USA).
Le informazioni condivise con l’Assistant District Attorney Matthew Bogdanos del District Attorney’s Office di Manhattan (DAO) e la stretta collaborazione instaurata con tale ufficio e con lo Homeland Security Investigations hanno consentito il sequestro del gruppo scultoreo dal valore inestimabile e il suo rimpatrio, per la restituzione al patrimonio culturale nazionale.

Orfeo e le Sirene al Museo Archeologico Nazionale di Taranto

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