Tra la fine del sesto e l’inizio del quinto secolo a.C., nelle necropoli di Taranto si segnala la presenza di diverse tombe che contengono oggetti riferibili alla pratica atletica, considerata una componente imprescindibile del sistema educativo (paideia) e dello stile di vita dei giovani aristocratici. La più celebre di esse, appartenente a un vero atleta deceduto all’epoca delle guerre persiane (490-480 a.C. circa), è stata rinvenuta nel 1959 in via Genova, all’esterno dell’abitato antico e lungo una delle strade che lo ponevano in connessione con il territorio. La struttura tombale consisteva di una grande cassa in blocchi di pietra locale, al cui interno era posto un sarcofago ricavato da un unico blocco di carparo, con coperchio a doppio spiovente a imitazione dell’aspetto esteriore di un tempio. Il sarcofago, decorato sulla cassa da un fregio dipinto di palmette alternate a fiori di loto penduli, conteneva lo scheletro di un giovane di poco più di 30 anni, alto metri 1,70 circa e dalla possente muscolatura. Alcuni resti organici hanno permesso di ricostruire la presenza di un sudario e di un letto formato da assi lignee fissate con chiodi, sul quale era stato adagiato il corpo. Il corredo era formato da pochi oggetti evocativi del ruolo ricoperto dal defunto: un contenitore in alabastro (alàbastron), utilizzato per contenere l’olio con il quale gli atleti si cospargevano il corpo, all’interno del sarcofago e, agli angoli della cassa che lo conteneva, quattro anfore panatenaiche a figure nere.
Tomba dell’atleta