Nella Grecia antica il termine nymphaion appare adoperato con una doppia accezione: esso indicava sia il rito purificatorio compiuto prima delle nozze dalle fanciulle, sia il santuario in cui tali riti avevano luogo. Le testimonianze letterarie ed archeologiche suggeriscono come tali riti di passaggio fossero celebrati sotto la protezione delle divinità tradizionalmente preposte alla sfera femminile (principalmente Afrodite, Era e Artemide), ma anche presso i santuari delle ninfe. Le ninfe, divinità minori legate al mondo della natura, erano venerate presso grotte naturali, spesso in corrispondenza di sorgenti o corsi d’acqua dolce.
In Grecia tra i luoghi in cui sono note attestazioni del culto delle ninfe si possono ricordare l’antro Coricio nella Focide, la grotta di Pitsà a Corinto, quella di Lera a Creta, le grotte di Phyle, Vari e Maratona in Attica; in ambito urbano i santuari delle ninfe di Atene e Cirene. Uno dei ninfei (da intendere con l’accezione di “santuari in grotta”) meglio noti è quello magnogreco di Grotta Caruso, presso Locri: una scalinata conduceva ad un ampio antro naturale con un bacino ricolmo d’acqua; nelle pareti interne erano realizzate nicchie, in cui erano deposte le offerte votive.
Alcuni modellini fittili di ninfeo, conservati presso il MarTa, sono stati rinvenuti nel territorio tarantino entro contesti funerari databili tra il III e il II secolo a.C. In particolare, sono tre gli esemplari esposti nella mostra “Archè. Il principio e l’acqua”, caratterizzati dalla conformazione a base circolare con copertura troncoconica. Tali modellini fittili sono forniti di serbatoi e piccoli gocciolatoi funzionali allo scorrimento dell’acqua. Uno dei tre modellini mostra una grande apertura ad arco, decorata con applicazioni irregolari che imitano la roccia e suggeriscono in tal modo la conformazione dei ninfei in grotta. Il modellino di maggiori dimensioni presenta invece un’elaborata struttura architettonica, che comprende anche l’inserimento di una cariatide, e conserva tracce di una vivace policromia originaria.
Nel corso del tempo si assiste dunque ad un progressivo sviluppo dei ninfei in senso architettonico, testimoniato anche dagli stessi modellini fittili: da santuari collocati presso contesti naturali, essi si evolvono in forme architettoniche peculiari e trovano posto in ambito urbano. L’esito finale di tale processo evolutivo appare costituito dai ninfei d’età ellenistico-romana, vere e proprie fontane monumentali ormai prive della loro originaria connotazione sacra. Il ninfeo d’età romana, generalmente absidato e caratterizzato da un prospetto scandito da nicchie, funge da sbocco monumentale degli acquedotti cittadini o, in scala ridotta, arricchisce i peristili delle domus con una funzione prettamente decorativa.



