Nella sala XXII molti visitatori guardano con sorpresa la serie di cippo funerario in pietra locale tarantina il cui stile è così diverso da quello dei reperti che hanno ammirato sino a quel momento.
In effetti si tratta di poco più di un supporto rozzamente rifinito che in questo caso ha la forma di un parallelepipedo, sproporzionato rispetto alla testa-ritratto del defunto, rappresentata frontalmente e con pochi elementi a delineare una fisionomia di un volto maschile nel quale si legge prima di tutto la linea delle arcate sopraccigliari, in continuità con il naso, e poi gli occhi privi di espressione, la capigliatura quasi inesistente e le orecchie.
Sono segnacoli databili all’età romana, e riferiti istituzione delle colonie romane tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C. In particolare, sono associate dagli studiosi alla colonia Neptunia dedotta nel 123 a.C. e alla conversione della città greca in municipio romano in età sillana.
Brutti, ma buoni
Ma come è possibile, si sente spesso dire, che nella Taranto romana, ricca e raffinata, si fosse dimenticata l’arte della scultura? Non è così, in verità, e la spiegazione è complessa.
Prima di tutto partiamo dalla deduzione delle colonie: la colonia latina era una sorta di succursale di Roma in un territorio ancora non perfettamente romanizzato: dunque, i suoi abitanti erano scelti in territori di più antica fedeltà alla res publica, e in ogni caso lontani dall’identità culturale e politica del territorio: in questo caso, i coloni sono stati scelti nei territori dell’Italia centro meridionale come il Sannio, lontani dalla cultura e dall’orgoglio etnico greco.
Ma ciò non voleva assolutamente significare che queste popolazioni fossero prive di un proprio linguaggio nell’artigianato artistico: il grande storico dell’arte antica, Ranuccio Bianchi Bandinelli, lo definisce “arte medio italica” e cita proprio il busto di Taranto: è una rappresentazione puramente simbolica e allusiva, non naturalistica, del defunto, che nella Roma repubblicana è stato collegato al culto degli antenati di quei clan familiari che dalla memoria e dal potere derivato loro prenderanno infatti il nome di patrizi, da pater.