Le sepolture tarantine di epoca ellenistica offrono una testimonianza straordinaria del crescente interesse per la cura del corpo e la cosmesi, un aspetto che riflette un cambiamento culturale significativo per la figura femminile di quel tempo. In precedenza, infatti, pratiche come il trucco erano legate quasi esclusivamente alle etere, donne che esercitavano la professione di cortigiane e che utilizzavano la bellezza come strumento di seduzione. Tuttavia, nel periodo ellenistico, l’uso dei cosmetici si espande, coinvolgendo anche le donne comuni, segnando una svolta nel modo in cui il maquillage viene percepito e utilizzato.
Il trucco diventa non solo uno strumento per esaltare la bellezza femminile, ma anche un mezzo di affermazione sociale, dimostrando il prestigio e la condizione economica di chi lo utilizzava. Belletti e cosmetici, spesso ottenuti tramite sofisticate tecniche di preparazione che includevano miscele di sostanze naturali e minerali, erano impiegati per schiarire l’incarnato e dare colore a guance, labbra e occhi. Questi prodotti, originariamente riservati alle élite, acquisirono rapidamente uno status di beni di lusso.
A questo fenomeno si accompagna lo sviluppo di una notevole produzione artigianale, specializzata nella fabbricazione di strumenti e accessori destinati alla conservazione e all’applicazione dei cosmetici. Contenitori in alabastro o piombo, insieme a piccoli cucchiai in argento o osso, dimostrano il livello di ricercatezza e maestria raggiunto dagli artigiani dell’epoca. Questi accessori, spesso arricchiti da decorazioni elaborate, erano simili ai moderni kit di bellezza, indicando l’importanza che la cura personale aveva assunto nella vita delle donne.
Tra i reperti più interessanti vi sono le teche cilindriche, spesso divise internamente in scomparti, che ricordano i nostri astucci per cosmetici. Alcuni di questi contenitori erano rivestiti con sottili lamine d’oro, un materiale particolarmente apprezzato per il suo pregio. Questi oggetti non erano solo strumenti di bellezza, ma veri e propri simboli di lusso e potere.
La cura del corpo e l’attenzione alla bellezza, tuttavia, non si limitavano al trucco. Un ruolo fondamentale lo giocavano anche gli specchi, spesso ritrovati nelle sepolture femminili. Gli specchi dell’epoca erano realizzati principalmente in bronzo o in lega d’argento, e potevano essere di forma circolare o rettangolare. La diffusione degli specchi d’argento o argentati nell’età tardo repubblicana riflette il continuo legame tra bellezza e prestigio.
Un altro elemento della toilette era l’acconciatura, alla quale le donne dedicavano molta cura. Tra gli strumenti usati per pettinare e fissare i capelli spicca l’acus crinalis, un ago per capelli di cui esistono pochi esemplari, alcuni dei quali in metallo prezioso. In particolare, un raro esempio proveniente da Taranto è realizzato in argento con una testa in pasta vitrea a forma di colomba, ulteriore dimostrazione della maestria degli artigiani dell’epoca. Gli aghi per capelli erano non solo funzionali, ma anche veri e propri oggetti di oreficeria.
La cosmesi dell’epoca ellenistica non si limitava ai cosmetici e agli strumenti di applicazione, ma comprendeva anche l’uso di profumi. Inizialmente legati a rituali religiosi e contesti sacri, i profumi divennero parte integrante della cura personale e furono considerati simboli di lusso. La loro produzione richiedeva tecniche elaborate, che prevedevano l’utilizzo di sostanze vegetali o animali, mescolate a oli profumati, spesso conservati in raffinati contenitori di ceramica, vetro o alabastro.
L’importanza della cura del corpo nella vita delle donne ellenistiche non va vista solo come un vezzo o una semplice vanità, ma come un aspetto profondamente connesso alla loro identità sociale. Il trucco e i profumi non erano solo un modo per abbellirsi, ma rappresentavano un linguaggio simbolico che esprimeva il ruolo della donna nella società. Attraverso l’uso di cosmetici, le donne ellenistiche affermavano la propria presenza pubblica e il proprio status, sfidando i limiti imposti dalla sfera domestica.
I reperti dei corredi ellenistici tarantini offrono uno sguardo su un mondo femminile complesso e sfaccettato, in cui bellezza, rituali e simboli di status si intrecciano, testimoniando un’evoluzione culturale nella percezione della cura del corpo, connessa non solo alla vita terrena, ma anche al passaggio nell’aldilà.
Pisside in piombo – II secolo a.C.
Da Taranto, via Lupoli, 1961.
Primo piano, Sala XXII, vetrina 59A, 4.1.