Le anfore sono molto più che semplici contenitori in terracotta. Rappresentano una delle più emblematiche testimonianze materiali dell’antichità, capaci di raccontare non solo la storia del commercio e della vita quotidiana, ma anche quella delle relazioni economiche, politiche e culturali tra i popoli che si affacciavano sul Mediterraneo. Ogni anfora custodisce, oltre al suo contenuto originario, frammenti di civiltà, spostamenti di merci, dinamiche di potere e di interscambio, restituendo agli archeologi di oggi una narrazione silenziosa ma potente di un mondo in continuo movimento.
A Taranto, crocevia millenario di scambi e civiltà, le anfore rivestono un ruolo chiave nel comprendere l’evoluzione della città nel contesto più ampio del mondo greco, romano e tardoantico. Giunte nei secoli da ogni angolo del Mediterraneo – dalla Betica alla Siria, dall’Africa Proconsolare alla Gallia – queste anfore non solo trasportavano vino, olio, garum (salsa di pesce) o cereali, ma rappresentavano vere e proprie “etichette” ante litteram, capaci di comunicare l’origine, la qualità e, in molti casi, anche il controllo amministrativo o fiscale della merce. I bolli impressi sulle anse o sui colli, le iscrizioni dipinte o incise e le tipologie riconoscibili nei profili e nelle dimensioni, permettono oggi di ricostruire percorsi commerciali e reti di distribuzione che si estendevano ben oltre i confini delle singole città.
La loro produzione richiedeva una competenza tecnica raffinata, passando dalla scelta dell’argilla alla modellatura al tornio e all’assemblaggio delle varie parti, fino alla cottura nelle fornaci.
In alcuni casi, le officine ceramiche erano concentrate in veri e propri distretti artigianali, posti strategicamente vicino a fonti di argilla, di acqua e a vie di trasporto.
Queste produzioni su larga scala dimostrano non solo l’efficienza dell’economia antica, ma anche la capacità di adattarsi a una domanda crescente, alimentata da un mondo sempre più interconnesso.
Una volta completate, le anfore intraprendevano viaggi lunghi e spesso pericolosi. Caricate sulle navi onerarie, affrontavano le rotte marine più trafficate del mondo antico, solcando le acque dell’Egeo, del Tirreno, dell’Adriatico e del Mar Nero. I porti, da quelli imperiali come Ostia e Alessandria a quelli regionali come quello di Taranto, erano nodi vitali di questo traffico incessante. Da lì, le anfore proseguivano via terra o lungo corsi d’acqua, raggiungendo mercati, insediamenti rurali, accampamenti militari e perfino zone remote dell’entroterra europeo.
Ma la loro storia non si concludeva con lo svuotamento del contenuto. In molti casi, le anfore venivano riutilizzate con creatività, come contenitori secondari (ad esempio come imbuti o contenitori di deposizioni) o come materiale edilizio. Quando erano del tutto inutilizzabili, venivano gettate nei butti diventando inconsapevolmente parte di una memoria archeologica che oggi ci restituisce tessere preziose per la ricostruzione del passato.
Il Museo Archeologico Nazionale di Taranto conserva numerosi esemplari di anfore provenienti da scavi cittadini e subacquei, che costituiscono un patrimonio inestimabile per la comprensione delle dinamiche commerciali e culturali dell’antichità. Ogni anfora, con le sue incrostazioni marine, le sue fratture, i suoi segni d’uso, ci parla di mani che l’hanno modellata, trasportata, svuotata, abbandonata. Nel loro silenzio millenario, diventano voci di una storia collettiva.
Oggi, osservare un’anfora dietro una teca museale significa molto più che contemplare un oggetto antico: è entrare in contatto con un mondo che ha saputo costruire relazioni durature attraverso il commercio, la tecnica e la mobilità. Se un tempo esse servivano a contenere ricchezze materiali, ora custodiscono un’eredità immateriale, fatta di memoria, conoscenza e identità condivisa. Nel cuore del Museo Archeologico di Taranto le anfore continuano così il loro viaggio, offrendo a ciascun visitatore la possibilità di scoprire non solo ciò che erano, ma ciò che ancora rappresentano.
Anfora di produzione orientale – V-VII secolo d.C.
Da Taranto, Palazzo delli Ponti, 1990.
Primo piano, Sala XXV, vetrina 72, 2.1.