I preziosi Ori, parte del corredo di una giovane donna daunia di rango regale, custoditi all’interno della collezione del Museo archeologico nazionale di Taranto, volano a Città del Messico per celebrare la tappa finale della mostra “Forme e colori dell’Italia preromana. Canosa di Puglia”.
Si tratta dell’ultimo appuntamento dell’ambizioso programma “Il racconto della bellezza”, realizzato in collaborazione tra la Direzione generale musei del Ministero della Cultura e la Direzione generale Diplomazia pubblica e culturale del Ministero degli Affari Esteri, che mira a promuovere all’estero il patrimonio culturale italiano, e che ha già fatto tappa a Buenos Aires, San Paolo e dal 12 luglio e fino al 29 settembre nel Museo Nacional de Antropologia di Città del Messico.
La mostra, curata dal Direttore generale Musei prof. Massimo Osanna e dal Dott. Luca Mercuri, realizzata in collaborazione con la Direzione regionale Musei Puglia e il Museo archeologico nazionale di Taranto, è una narrazione coinvolgente di un’importante civiltà italica come quella dei Dauni, ma anche un saggio eloquente dell’archeologia pugliese e degli scambi e degli intrecci di culture che è in grado di testimoniare.
I materiali esposti provengono dai depositi e dalle collezioni di alcuni dei principali musei della Puglia, il Museo Archeologico Nazionale di Canosa di Puglia, il Museo Archeologico Nazionale di Taranto, il Museo Archeologico di Santa Scolastica di Bari, nonché della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Barletta-Andria-Trani e Foggia e della Soprintendenza Nazionale per il patrimonio culturale subacqueo. In mostra sono presenti anche reperti recuperati durante le operazioni di contrasto al commercio clandestino di beni culturali condotte dal Comando Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale.
L’esposizione illustra un momento significativo della storia dell’Italia antica, precedente all’unificazione portata a termine da Roma, e si concentra sui Dauni, una popolazione che abitava l’area settentrionale dell’attuale Puglia e parte della Basilicata.
E’ un onore per il Museo archeologico nazionale di Taranto far parte di questo progetto – spiega la direttrice del MArTA, Stella Falzone – perché attraverso queste mostre di livello internazionale riusciamo ad essere ambasciatori della ricchezza e della storia del nostro territorio, anche perché nel progetto scientifico è chiara l’interconnessione culturale che esisteva tra tutti gli antichi popoli che abitavano la Puglia.
Il diadema in oro e lo scettro in oro rosso provenienti dalla tomba degli Ori di Canosa (fine III – inizi II secolo a.C.), rinvenuti casualmente nel 1928 in una struttura funeraria ipogea, completavano il corredo regale di una giovane aristrocratica daunia, il cui nome Opaka Sabaleida è inciso su una teca in argento a forma di conchiglia, esposta, come il resto del corredo, nel Museo archeologico nazionale di Taranto.
Le oreficerie e gli oggetti in metallo prezioso costituiscono creazioni di finissima fattura riferibili all’artigianato orafo tarantino in età ellenistica. Produzioni forgiate dagli orafi dell’ex colonia spartana che realizzano per i ceti emergenti di area indigena della Daunia veri e propri capolavori, simboli della regalità antica.
Si tratta di una grande occasione di promozione per il MArTA – spiega ancora la direttrice Stella Falzone – perché tutti i visitatori che si recheranno in questo periodo nel Museo Nazionale di Antropologia, il più importante del Messico e con la maggiore collezione del mondo di arte precolombiana, potranno apprezzare da vicino anche tutta la maestria che dall’altra parte del mondo orafi tarantini erano in grado di esprimere tra III e II sec. a.C.